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PASSI VERDI
TORINO - 5 LUGLIO - 31 AGOSTO 2012


La forza primigenia e plasmatrice della natura, la sua capacità di rinnovarsi e autorigenerarsi ci hanno insegnato che è possibile salvare il mondo, nonostante tutto, nonostante l'uomo e trasformarlo per renderlo migliore, per evitare la sua distruzione. La poetica di Brigitta Rossetti segue da sempre una linea precisa e dall'impianto concettuale internazionale, attenta alle problematiche dell'ambiente, fin da tempi non sospetti, quando l'ecologia ancora non era percepita come una priorità sociale. Questo le ha permesso di osservare il mondo al di là dei preconcetti e delle mode, ponendosi con uno sguardo critico e libero al cospetto delle moderne istanze ambientaliste. La sua arte, infatti, sia che si tratti di pittura, scultura, installazioni, video o tecniche diverse fuse in un unico linguaggio, è innanzitutto esperienza quotidiana e vissuta, personale e profonda, emulabile solamente sulla base di un idealismo universale che vede l'arte come espressione della realtà, sguardo privilegiato sul mondo. Nel suo atelier studio, immerso nella campagna padana, o tra il metallico e metropolitano skyline di Chicago, dove Rossetti lavora a progetti fortemente contemporanei, l'artista elabora una ricerca intimista e poetica, nel senso del recupero della cultura e della storia, ma al contempo orientata alla nuova creatività. Nascono così questi lavori, che uniscono all'idea, al concetto di una natura da salvare tipicamente contemporanei, anche l'essenza stessa dell'estetica della modernità, definita
da Charles Baudelaire come "... il transitorio, il fuggitivo, il contingente, la metà dell'arte, di cui l'altra metà è l'eterno e l'immutabile" ("Il pittore della vita moderna", 1863).
Esattamente così, perché Brigitta Rossetti individua il nucleo del problema, lo sviscera, lo interpreta con una semiotica attuale e vitale, elaborando simboli e segni, contrapponendolo all'idea di assoluto e di purezza insito, comunque, nella natura e nel mondo. Così come l'universo muta, si trasforma in un'effimera quanto continua evoluzione, così l'arte ne coglie tale aspetto, senza perdere di vista l'ideale e perfetta condizione primordiale. E' forse anche questo il senso dello sdoppiamento, presente in alcuni lavori della mostra, in cui l'artista crea una sovrapposizione di linguaggi e di strutture attraverso cui interpretare il mondo. Un velo, un filtro, una coltre a volte quasi impenetrabili, creati dall'uomo, che vanno a nascondere, trasformare, inquinare la bellezza dell'universo. Questo poi prende il sopravvento, si rigenera autonomamente, emergendo in un perfetto e rinnovato splendore. Anche altre opere ci raccontano la realtà di oggi, percorrendo una foresta di simboli, tra denuncia sociale e purezza ritrovata: l'artista crea anime di fiori, unendo materiale naturale, come la tela, al plexiglass, metafore della vita e della morte, della semplicità perduta che solo l'arte riesce a indurre nel profondo dell'esistenza dell'uomo. Crescono e sbocciano anche i "Fior del poeta", presenze metafisiche e ancestrali, preistoriche e immaginifiche nella loro dimensione surreale. Sono come totem realizzati con legno, carta, pigmenti e cuscini assorbenti utilizzati per depurare acque e terreni da liquami e veleni. Le loro corolle dialogano con i nostri occhi, ci sfidano a preservare il mondo da mutazioni incontrollate e inarrestabili.
Novella Alice nel Paese delle Meraviglie, queste forse perdute per sempre, Brigitta Rossetti ci conduce su una scala antica, alla ricerca di noi stessi, della nostra storia, del nostro futuro, per inerpicarci verso un bosco verdeggiante e idilliaco, verso un nuovo mondo di rispetto e libertà, in cui corpo e spirito possano finalmente ritrovare l'originaria osmosi. L'installazione recupera simbologie antiche e sacrali, dal romanico al gotico, dalle miniature medievali fino alle sperimentazioni del secondo Novecento e dell'Arte Povera, con un linguaggio post moderno e concettuale assolutamente personale e intenso, incantato e insieme disilluso, che nell'elevazione verso il cielo, nella fusione tra uomo e mondo vegetale trova da sempre un'espressione di armonia ed equilibrio, tra mito e attualità. Nell'Anno Internazionale dell'Energia sostenibile indetto dalle Nazioni Unite, il lavoro di Brigitta Rossetti assume così valenza profetica e visionaria, immaginando un mondo diverso e possibile, un ritorno alle origini incontaminate dello spirito e dell'uomo, della natura e della bellezza, questa, da sempre, eterna aspirazione dell'arte. L'autrice diventa soggetto apotropaico, esorcizzante il malessere della società, come un vate o un sacerdote di tribù antiche alla ricerca di una purezza che diventi anche elemento salvifico. In "Ave Maria" la natura torna ad essere Madre e compagna di vita, preziosa e silente presenza di amore inesprimibile. Ci piace leggere in quest'opera almeno un provvisorio rifugio della coscienza, quasi una preghiera serale elevata ad espiazione dei nostri peccati, un approdo sicuro
dalle odierne temperie. L'opera di Brigitta Rossetti risponde quindi a un bisogno essenziale dell'uomo, quello della sopravvivenza della specie, inducendo alla riflessione e all'azione, plasmando un'arte che non è solamente immagine del mondo, come diceva Seneca, né pura fantasia, come avrebbe voluto Oscar Wilde suggerendo che c'è arte solo quando finisce l'imitazione, bensì interessenza, dialogo, unione tra l'Essere e l'Universo.


Guido Folco



UOMO VERSO NATURA

Non ce la fanno a stare dentro al dipinto, devono uscire, emergere, sbocciare. Ecco, sbocciare è proprio il termine esatto per gli apparenti grumi di materia che Brigitta Rossetti ha collocato negli ultimi suoi lavori, tutti giocati sulle tonalità di un bianco che a volte si fa cielo, altre fiume, altre ancora distesa prativa, fino ad arrivare a forme cariche di sensualità tutta femminile, che rimanda a mode degli anni '50, quegli stessi di un dopoguerra da cui le persone volevano liberarsi, dimenticare per tornare a vivere. L'artista, in quegli anni, doveva ancora nascere, anzi doveva ancora essere concepita, ma è come se quegli anni lei li indossi naturalmente in un desiderio esplosivo di affermare il primato della natura su ogni altra cosa. L'uomo crea e poi distrugge e le guerre ne sono l'esempio più drammatico. Oggi, almeno da noi, non ci sono guerre da quasi settant'anni, il periodo di pace più lungo della nostra storia, ma l'uomo continua a creare e poi distruggere volgendo il suo agire alla natura: i danni ambientali sono quotidiani, enormi solo quelli che vengono alle luci della ribalta, striscianti ma forse ancor più dannosi quelli che non vediamo.
Lungo il percorso della mostra l'artista ha introdotto grandi lastre di trasparente verde, fatte di plexiglass, un materiale che poco ha a che fare con la natura; ma anche questo è un messaggio esplicito, che vuole dimostrare come anche i materiali plasmati dalla mano dell'uomo possono essere piegati alle forme della natura, che in questo caso si esprime nelle opere dell'artista. Il verde trasparente, posto di fronte ai quadri, esalta ancora di più il colore chela natura deve tornare ad avere e invita l'uomo a dotarsi di energia pulita, a ritornare al rispetto senza per questo rinunciare alle modernità che hanno agevolato il tempo di vita.
Nelle opere di Brigitta Rossetti si legge dunque un futuro e una sorta di profezia che apre alla speranza: tutto quel bianco è la rappresentazione della purezza di una natura che non ci sta a farsi imprigionare e sottomettere: si arrampica su per antiche ma ancor solide scale; scende da soffitti altissimi che hanno resistito a incuria e brutture architettoniche; offre momenti di riposo di fronte a musiche immaginarie. Per poi apparire all'improvviso come nei versi del grande poeta russo Vladimir Majakovskij Se dal cielo l'arcobaleno penzola o è azzurrissimo, possibile che non desideriate che da sotto le bluse, dove prima c'era la gobba, liberativi dall'impiccio delle camicie, si spieghi finalmente un paio d'ali? Invitando noi tutti ad ascoltare, ad ascoltarci.


Luigi Franchi


 
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